Lo sciopero dei traduttori del processo contro i Khmer Rossi
Circa 30 traduttori cambogiani che stanno lavorando presso il tribunale internazionale di Phnom Penh sostenuto dalle Nazioni Unite, e incaricato di processare gli ex leader dei Khmer Rossi, hanno annunciato ieri di avere iniziato uno sciopero. Secondo il portavoce del Tribunale, Neth Pheaktra, il motivo sarebbe il mancato pagamento degli stipendi degli ultimi 3 mesi: all’origine della mancanza di disponibilità finanziaria ci sarebbe il forte calo delle donazioni volontarie da parti di molti paesi, che garantivano la sopravvivenza della corte. La sospensione di quello che da alcuni viene definito il Tribunale internazionale più importante dopo quello di Norimberga, durerà fino a tempo “indefinito”, cioè fino a quando il Tribunale non troverà i fondi per pagare gli stipendi dei traduttori.
Il Tribunale Speciale per i Khmer Rossi (che è un’abbreviazione per il più lungo Tribunale Speciale della Cambogia per la persecuzione di crimini commessi durante il periodo della Kampuchea Democratica) è un tribunale nazionale cambogiano, ma venne istituito il 6 giugno 2003 come parte di un accordo tra il Regno di Cambogia e le Nazioni Unite (i giudici sono sia cambogiani che internazionali). È incaricato di giudicare i crimini commessi dai Khmer Rossi durante il regime sanguinario del loro leader Pol Pot, che fu a capo della Cambogia dall’aprile 1975 al gennaio 1979. In poco meno di quattro anni, un quarto della popolazione cambogiana venne uccisa o morì per malattia o privazioni alimentari. Il regime di Pol Pot viene ancora oggi considerato tra i più sanguinari e violenti del XX secolo.
Il processo contro i leader dei Khmer Rossi ha un significato enorme per la popolazione della Cambogia. Quando nel 2009 il Tribunale aprì il procedimento al pubblico in occasione del processo a Kaing Guek Eav, il capo dei carcerieri del regime guidato da Pol Pot, centinaia di persone si misero in coda per poterne ascoltare gli sviluppi. Già all’inizio di dicembre 2012, tuttavia, il pubblico ministero internazionale del Tribunale, Andrew Cayley, aveva intrapreso un tour in Europa per convincere alcuni ministri degli Esteri a riprendere i finanziamenti che erano stati sospesi o diminuiti a causa della crisi economica che aveva colpito l’eurozona. I maggiori finanziatori europei del Tribunale erano Gran Bretagna, Francia e Germania. Nonostante gli annunci da parte di questi paesi di voler riavviare cospicui finanziamenti, da allora la situazione per il Tribunale non è migliorata e adesso il rischio è quello di dover chiudere l’attività della corte per bancarotta. Per il 2013 il Tribunale ha a disposizione un budget di 43,9 milioni di dollari, che però, sostiene Cayley, non è sufficiente per garantire uno standard di lavoro sufficientemente alto (in particolare riguardo al reclutamento del personale del Tribunale). Servirebbero infatti 9,3 milioni di dollari in più per il 2013.
Oltre ai guai economici, il Tribunale ha dovuto affrontare nel corso degli anni anche diverse accuse di interferenze politiche da parte del primo ministro della Cambogia Hun Sen. Secondo alcune associazioni internazionali, tra cui l’Open Society Justice Initiative, Sen avrebbe condizionato il tribunale in modo che non processasse cinque Khmer Rossi molto importanti, tra cui Suo Met e Meas Muth, che si sospetta fossero rispettivamente comandanti delle forze aree e della marina del regime di Pol Pot. Secondo un durissimo editoriale del Guardian del 25 giugno 2011, le Nazioni Uniti e il dipartimento di Stato americano avrebbero avvallato il lavoro del Tribunale, nonostante l’evidente interferenza del governo cambogiano nel procedimento giudiziario. Andrew Cayley, concludeva il Guardian, è stato il primo a riconoscere pubblicamente le carenze che hanno segnato l’analisi preliminare dei casi dei 5 presunti Khmer Rossi.
Ad oggi solo Kaing Guek Aev ha subito una condanna definitiva per i reati commessi, ed è stato condannato all’ergastolo. Dal novembre 2011 il Tribunale aveva iniziato il procedimento contro alcuni dei più alti vertici del regime di Pol Pot: Khieu Samphan, 81 anni, ex capo di Stato; Nuon Chea, 86 anni, capo ideologico del gruppo, e Ieng Sary, 87 anni, ex primo ministro. Un quarto imputato, l’ex ministro degli affari sociali, Ieng Yhirith, è stato dichiarato incapace mentalmente ed è stato liberato. Le accuse più dure per i tre imputati sono crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio. Il rischio è che temporeggiando il proseguimento del procedimento contro di loro, il processo non si potrà portare a termine a causa dell’età molto avanzata degli imputati.
Da Meridiani Relazioni Internazionali