Marocco: viaggio attraverso i colori e i sapori di Marrakech, terrazza dell’Atlante
di Arianna Bureca
Colorata. E viva. Se venisse chiesto di descrivere Marrakech questi probabilmente sarebbero i primi due aggettivi che verrebbero in mente, subito seguiti da ‘povera’ e ‘ricca’. Attributi contraddittori, come l’essenza della città. Quando parliamo di questo posto, infatti, parliamo di un luogo che va contro tempo e diventa multiculturale suo malgrado. Parliamo di una realtà che non fa caso al passare del tempo perché vive di cose semplici, facilmente reperibili e riproducibili. Vive di stoffe, spezie, perle, pelli e polli. Vive di whisky berbero e soprannomi, di musiche dalle cadenze vagamente ripetitive e colori. Tanti colori. Sono tinte vive, accese, piene, come la gente che abita le vie di questo mondo che sembra non sia consapevole dell’esistenza di un universo al di fuori delle sue mura, un universo che sta facendo il suo corso anche senza di lei.
Passato e presente diventano tra questi vicoli due termini svuotati di significato. Si incontrano, scontrano, mischiano per poi decidere di convivere, in serenità. Vecchi incantatori di serpenti ammaliano il giovane turista che con il suo iPhone 5 cerca una connessione Wifi (che mai troverà) per mostrare al mondo che ciò che sta vivendo è vero, e che non si trova nel cartone di Aladdin nonostante la scimmia che gli tocca la spalla in piazza sia reale, come anche l’odore dimostra.
Un calderone di destini, mestieri, credenze e speranze. Ecco cos’è questo luogo: un insieme di culture mescolate e accenti vagamente riconoscibili che convivono senza perdere le proprie peculiarità. Passato e presente, spesso senza futuro. Ma nessuno ci fa caso perché, contro ogni possibile immaginazione, la vita qui scorre veloce ed ha scadenze e ritmi veloci da rispettare. Sono ritmi rapidi, a volte stonati che seguono regole senza sapere che regole siano. Sono ritmi che sembrano andare controtempo con la realtà del luogo ma che in realtà si accordano perfettamente con le usanze della città. Sono dettati dagli artigiani nelle botteghe la mattina, dai carretti su due ruote trainati da asini, dai motorini con abitanti senza casco che non si sa dove corrano, dai venditori di lumache a pranzo, dalle infinite trattative nei souk, dal tentato baratto della vostra occidentale compagna con dei cammelli, dalle cartomanti al calar del sole e dai musicanti in piazza nel dopocena. Ma soprattutto, sono dettati dalla piazza principale: Djeema el Fna.
Questo e’ tutto ciò di cui avete bisogno una volta che superate le mura di Marrakech. Questo nome e nulla più, perché se è vero che tutte le strade portano a Roma, è anche vero che tutti i vicoli portano a el Fna. Senza esclusione di colpi. E’ inutile usare mappe, cartine o indicazioni stradali, vi perdereste comunque. E poi vi ritrovereste in piazza, a fine giornata, nuovamente. Non si capisce bene come sia possibile, ci si potrebbe scervellare per capirlo, e’ come se la città fosse tonda e ti spingesse a tornare a casa dopo aver a lungo vagato. Quindi per questa volta seguite il consiglio, lasciate perdere guide e interrogativi e spingetevi tra i vicoli senza farvi troppe domande. Perdetevi, nel tempo e nello spazio. Il massimo che vi può succedere è perdere la strada per ritrovare voi stessi. Lasciatevi travolgere. Assaporate, provate, fate scorta di profumi e odori che non avrete più la possibilità di sentire una volta tornati. La scossa che dà l’impatto con questo piccolo mondo è forte, quasi quanto il confronto con gli sguardi scuri e intensi degli abitanti, specialmente più anziani, che incuriositi osservano i vestiti e le attrezzature fotografiche dei turisti come fossero oggetti venuti dal futuro. Lasciatevi trasportare, questo è il trucco per vivere a fondo questa città. E se vi doveste trovare soli, in un vicolo lontano dal centro senza nulla intorno, non vi preoccupate perché ci sarà sempre un giovanotto in bicicletta che avrà seguito i vostri passi non per rapinarvi, ma per farvi da guida al ritorno nella speranza di guadagnare qualche dirham ed essersi cosi guadagnato la giornata. Non abbiate paura nel fidarvi di questi ragazzi, spesso chiederanno mance elevate per avervi fatto da guida ed avervi permesso di scattare fotografie in luoghi proibiti, ma dopo qualche minuto di trattativa andrete via entrambi con il sorriso ed una stretta di mano.
Marrakech è una città che segue delle regole tutte sue senza sapere che regole siano. Ha delle leggi pratiche che non rispecchiano canoni razionali e la portano a ricostruirsi a ogni calar del sole. Se di mattina si passa per el Fna si scoprirà un mondo diverso da quello della sera, animato da carretti e banchetti che alle 6 vengono allestiti velocemente per offrire la cena. Una polvere rossa avvolge la piazza e come per magia lo scenario cambia. Cene fugaci, svelte, ricche e mai pesanti al contrario degli abitanti della città, che spesso spinti dal bisogno di sopravvivenza e da una cultura troppo coinvolgente stressano il turista che come pedina di un gioco del quale ignora le regole si lascia travolgere fino ad esserne innervosito. Ma anche qui, non c’è da preoccuparsi, basterà qualche giorno ed inizierete a prendere in mano la situazione inventando regole per un gioco che si struttura fuori dalle linee e non pone limiti se non casuali. Basterà poco tempo e tutto questo senza rendervene conto farà parte anche di voi, perché lo avrete vissuto. E sui vostri volti trionferanno interrogativi ai quali in fondo non vi interesserà rispondere.
Marrakech è una scoperta continua, una città da vivere a più piani, una storia ingarbugliata, una promessa non mantenuta, un labirinto senza uscita. E’ un segreto da mantenere, un puzzle non risolto, un velo che copre un viso e uno sguardo che arriva fino al cuore. Marrakech non è una città, è una realtà che ti fa venire voglia di prestare gli occhi a chi tutto ciò non ha il coraggio o la fortuna di vederlo e ti fa capire come sarebbe bello se per ognuno di noi ci fosse un mondo da scoprire. Un mondo caotico, rapido nella sua lentezza, impegnato ma non impegnativo, frenetico ma vero. Una minestra di colori e sapori che rende dipendente chiunque la assaggi. Una sinfonia di suoni e sorrisi che appesantisce il bagaglio del ritorno in cianfrusaglie e ricchezza di vita.
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