Viaggiare a piedi
Viaggiare a piedi, spostarsi da una città all’altra o percorrere una nazione intera in lungo e largo semplicemente camminando, a prima vista può apparire una stravaganza, una performance alla portata di un’élite di atleti o di persone “alternative”, o quanto meno snob, e con molto tempo a disposizione. È invece un’esperienza estremamente naturale, ricca di significati e di suggestioni, alla portata praticamente di chiunque. In fondo una settimana di ferie se la possono concedere quasi tutti e in cinque giorni si può tranquillamente raggiungere Bologna da Firenze contando solo sulle proprie gambe. Un viaggio medio o lungo a piedi significa tante cose. Quanto meno, vuol dire cambiare ambiente, casa e letto. Significa anche cambiare abitudini riguardanti cibo e orari. Comporta abituare il corpo e la mente al cambiamento e alla scoperta. Mutare ambiente sociale e naturale significa molto spesso sentirsi liberi da condizionamenti di carattere psicologico ed essere padroni di scelte consapevoli. Viaggiare a piedi non richiede necessariamente di votarsi al sacrificio e alla privazione. Ai giorni nostri si tratta pur sempre di un cammino laico e confortevole, non necessariamente di una peregrinazione misticheggiante con intento penitenziale! Non è quindi quasi mai necessario rinunciare ad alcuna comodità, eccetto quella presunta del mezzo di trasporto, che in un viaggio a piedi non può essere altro che… le proprie estremità.
Questo tipo di viaggio si svolge in genere in località non battute dal turismo di massa, in territori pieni di natura ma anche di storia, arte e cultura, da visitare con passo mai affrettato per meglio scoprire – e rispettare – tutto ciò che circonda il viandante. Dopo i primi giorni di cammino l’organismo si assesta e compie senza sforzo un esercizio del tutto naturale. Un’azione che l’uomo ha fatto per migliaia di anni e che fino a pochi decenni fa era una consuetudine. Un’attività che quindi è insita nel DNA di ognuno. Camminare per un’escursione di una mezza giornata può essere di certo gradevole, ma farlo per tre-quattro giorni o per una o più settimane diventa qualcosa di completamente diverso, faticoso ma appagante sotto molteplici punti di vista. Quel che conta è camminare guardandosi intorno con curiosità e partecipazione, non concentrandosi solo sulla performance dei propri passi. In un mondo che sembra sempre più votato al consumo e allo sviluppo incontrollati, il viaggiare a piedi costituisce un sano momento di decrescita. Viaggiare a piedi consuma e costa, infatti, molto meno di altre forme di viaggio, sia in termini di bilancio dell’ecosistema naturale che di budget finanziario personale. Se il pellegrinaggio, antesignano degli attuali viaggi a piedi, è per definizione un andare finalizzato, un tempo che l’individuo stralcia dalla quotidianità della propria vita per connettersi al sacro, il viaggio a piedi contemporaneo è agli antipodi. È il mezzo che diventa fine. Organizzare un viaggio a piedi lungo sentieri ben tracciati e con buone indicazioni segnaletiche, quali il Cammino di Santiago o la Francigena, è in teoria possibile per chiunque. Se però ci si vuole rilassare al cento per cento, “deresponsabilizzandosi” riguardo a giuste direzioni da prendere ai crocevia, scelta di alloggi per il pernottamento e altri problemi logistici, conviene allora affidarsi a dei professionisti del viaggio a piedi. Numerose sono le organizzazioni che possono contare su esperte guide e su originali e veri e propri cataloghi con accattivanti percorsi a piedi, ampiamente testati nel corso degli anni. Rivolgersi a queste organizzazioni è un po’ come affidarsi a un’agenzia di viaggio, si è coperti sotto ogni aspetto, compresi quelli assicurativi e logistici. Si sa poi fin dall’inizio a cosa si va incontro, in termini di fatica, impegno psicofisico e finanziario. Orme, foglie e passi sono spesso simboli metaforici utilizzati da tali organizzazioni per contraddistinguere la difficoltà di ogni singolo “pacchetto” trekking.
di Raffaele Basile del Tavolo "Turismo a zero emissioni" di AITR