In memoria di Umberto Èco
Con Umberto Èco oggi (20 febbraio, n.d.r.) è morto non solo uno studioso ma anche un luogo del pensiero critico. Uno spazio ironico e molteplice capace di giocare con il mondo, con le sue bellezze e con le sue storture.
E' stato un piacere leggere le tue opere, mi piace pensarti ora immerso in quell'eternità laica e trascendente fatta di attimi infiniti che hai provato a raccontarci, magari sottobraccio alla regina Loana.
"Quella volta Belbo aveva perso il controllo. Almeno, come poteva perdere il controllo lui. Aveva atteso che Agliè fosse uscito e aveva detto tra i denti: «Ma gavte la nata.»
Lorenza, che stava ancora facendo gesti complici di allegrezza, gli aveva chiesto che cosa volesse dire.
«È torinese. Significa levati il tappo, ovvero, se preferisci, voglia ella levarsi il tappo. In presenza di persona altezzosa e impettita, la si suppone enfiata dalla propria immodestia, e parimenti si suppone che tale smodata autoconsiderazione tenga in vita il corpo dilatato solo in virtù di un tappo che, infilato nello sfintere, impedisca che tutta quella aerostatica dignità si dissolva, talché, invitando il soggetto a togliersi esso turacciolo, lo si condanna a perseguire il proprio irreversibile afflosciamento, non di rado accompagnato da sibilo acutissimo e riduzione del superstite involucro esterno a povera cosa, scarna immagine ed esangue fantasma della prisca maestà.»
Umberto Eco, Il Pendolo di Foucault