L’ipotesi di Andrea Benassi sulla grotta di Re Tiberio: «Un sito per estrarre ocra»
Sandro Bassi - Dopo quella del lapis specularis (il surrogato del vetro che si è dimostrato oggetto di antica estrazione in «cave» superficiali e sotterranee della Vena del Gesso), un’altra ipotesi si abbatte come un fulmine sulle conoscenze archeologiche dell’area, oggi parco regionale, che va da Brisighella fin oltre Borgo Rivola. Stavolta è l’ocra, prezioso pigmento utilizzato fin dall’età preistorica per colorare di giallo e di rosso (con mille sfumature intermedie) pareti, legni, strutture architettoniche e vestiti, ad essere il presunto oggetto di antiche estrazioni in grotta. L’autore della congettura è sempre lui, Andrea Benassi, antropologo romano ma casolano di adozione, che pubblicherà il tutto sul prossimo numero di «Cristalli», rivista del parco stesso. La ricostruzione di Benassi farà rumore perché si spinge a ipotizzare anche una lavorazione del materiale in grotta e con ciò si spiegherebbero le vaschette in pietra, parietali e pavimentali e collegate fra loro, che caratterizzano la famosa Tana di Re Tiberio. Queste sarebbero vasche di decantazione e non già di raccolta di acque terapeutiche come si è sempre sostenuto. «Sono partito proprio da lì – spiega Benassi – perché la teoria delle acque medicamentose non mi ha mai convinto. Nella grotta di Re Tiberio, ma anche in quella dei Banditi e nella Tanaccia, ho trovato tracce di scavi a carico dell’argilla, evidentemente, così penso io, per cercare i noduli con gli ossidi di ferro e manganese da cui si poteva ottenere l’ocra e anche altri pigmenti».
E a quando risalirebbero questi scavi?
«Proprio qui sta il problema. Uno scavo non è facilmente databile. Però già alcuni vecchi autori segnalano l’uso di zappe di metallo, di picconi in corno di cervo, per grattare pareti e nicchie e asportare sedimenti. Io ipotizzo che ciò fosse finalizzato ad ottenere l’ocra».
E stessa cosa per le vaschette?
«Forse sì. Se tu, uomo antico, puoi allestire una lavorazione nel luogo stesso di estrazione lo fai. Per ottenere l’ocra devi depurare, con successivi passaggi, i noduli di argilla e ti servono delle vasche».
Ma… e i vari bronzetti del Re Tiberio ritenuti connessi al culto delle acque?
«Quelli si possono spiegare lo stesso perché anche l’ocra aveva, oltre all’uso pratico, un significato magico, religioso e rituale».
Esistono casi analoghi, o perlomeno confrontabili?
«Sì ma non qui. C’è un caso accertato per la Calabria e qualche altro ancora da dimostrare sempre in Italia meridionale. Qui nulla, ma semplicemente perché nessuno li ha cercati».
E tu che prove hai?
«Finora non ho prove ma buoni indizi sperimentali perché l’ocra l’ho ottenuta anch’io ed è qui, in queste boccette. Ora si tratta di fare delle verifiche e dei confronti con tutti gli archeologi interessati».
13 Ottobre 2018