"Guida Migrante" Itinerari di turismo responsabile

Inserito da Giorgio Gatta venerdì 02 marzo 2012

Gli uomini hanno piedi, non radici, e sono da sempre in movimento.

Migrazioni e turismo sono due forme di viaggio che caratterizzano il mondo contemporaneo e le nostre città, sempre più globali e interculturali. La Guida Migrante è un libro diverso dalle tradizionali guide turistiche: raccoglie racconti di viaggio ai quattro angoli del mondo per accompagnare i lettori alla scoperta di Paesi vicini e lontani, con l’auspicio che i viaggiatori possano mantenere il medesimo spirito di curiosità, conoscenza, apertura e accettazione anche al rientro, per apprezzare il mondo sotto casa portato in Italia dai migranti.

Un giro del mondo fatto di volti, storie, lingue, religioni, profumi e cibi dall’Albania alla Turchia, passando per Algeria, Argentina, Brasile, Burkina Faso, Cina, Colombia, Egitto, Etiopia, Italia, Istria, Gambia, Libano, Marocco, Perù, Romania e Senegal.

 

A cura di Rosa Chiurazzi, Maria Paola Palladino, Francesco Vietti

 


Edizioni Compagnia delle Lettere

Prezzo: €18,00

N° di pagine: 328

 

 

* * *

Le tre armoniche del viaggio

di Stefano Faravelli


Bai shi Tai, la fonte dell’acqua bianca, nell’alto Yunnan, è un luogo di meraviglia.

Un ruscello di acqua calcarea scorre attraverso i boschi creando ragnatele di merletto bianco tra le felci; poi scende lungo il crinale della valle in una serie di terrazze digradanti, formando piccoli laghetti e pozze cristalline.

Una di queste pozze, ombreggiata da alberi muscosi dai cui rami pendono festoni di sciarpe sciamaniche e bandierine lungta, è il santuario di una divinità ancestrale, che il sincretico buddismo dei naxi venera in forma di bodhisatva ofidico.

Nel corso del mio viaggio in Cina mi fermai a dipingere quel luogo fatato e la pagina acquerellata che lì nacque divenne una tavola del mio carnet Nel regno di Mezzo.

Uno sciamano dongba, figura centrale dei naxi di lijiang, gestiva il discreto movimento di pellegrini intorno alla polla e al suo dio. Preghiere e richieste venivano scritte nell’astruso cifrario dei pittogrammi caratteristici di questa etnia, su sezioni di bambù o su pezzetti di carta. uova sode e monete venivano gettate nell’acqua.

Intorno alla pozza vidi bastoncini di incenso bruciati, pietre unte di burro, piume di gallina…

Il tempo scorre lentamente quando dipingo. L’attenzione concentrata sul soggetto si distende di tanto in tanto spostandosi intorno: così seguii le pratiche del vecchio dongba.

A sua volta lo sciamano, con il suo copricapo a ventaglio, mi guardava benevolo e si avvicinava curioso a spiare il progredire del mio lavoro. Ad un certo punto si sedette compostamente accanto. Avvertivo la sua voglia di comunicare e sentivo anch’io l’urgenza di un contatto.

C’era la consapevolezza reciproca della straordinarietà di quell’incontro tra un allampanato pittore torinese e un vecchio sciamano naxi dello Yunnan. L’incolmabile iato linguistico ci rendeva entrambi dolorosamente analfabeti.

Poi prese uno dei suoi fogliettini e, usando la mia penna a inchiostro rosso, cominciò a disegnare. Un pesce gatto, principio di vita, nuotò in alto, sul foglietto. Ne avevo visti sugli architravi e sugli stipiti delle case nei villaggi naxi, simboli di fecondità e di posterità.

Poi un repertorio arcaico di altri glifi fluì sulla carta.

Questo messaggio ante babelico parlava una lingua che potevo comprendere: ecco il buddha ofidico arrotolato sulle sue spire con il braccio

Teso sulla testa di un omino lungo; un gesto eloquente del dito, dal disegno al mio petto, fu sufficiente a farmi capire che si trattava di me.

Mostrai la fotografia della mia famiglia. Un altro buddha apparve a benedire i miei cari. Poi altri segni ancora. Due volti uniti da una nuvoletta.

Lui ed io, che parliamo! Io intanto ritraevo il mio amico su una pagina del mio taccuino e alla fine di quel pomeriggio ci salutammo con un inchino: io partii con la sua preghiera, lui con il mio ritratto.

Questo frammento del mio viaggio cinese è, a suo modo, paradigmatico.

La pagina che lo testimonia, oltre all’acquerello del mio sito e ad alcuni dettagli che colpirono la mia attenzione, fa discreta ostensione del foglietto disegnato dal mio amico sciamano e ne offre pure il ritratto, quest’ultimo ricavato da una fotografia. Il testo, calligrafato, commenta l’incontro e tenta un’incompleta esegesi dei pittogrammi.

La redazione, per lo più in itinere, delle pagine dei miei libri mi espone a questo tipo di osmosi con il paesaggio e con i suoi abitanti. Da un’istantanea, mediata da diaframma meccanico, non sarebbe evidentemente scaturito un incontro altrettanto intenso e partecipato.

D’altra parte posso dire davvero di aver disseminato di disegni (soprattutto di ritratti) molti dei paesi che ho percorso. È una forma di risarcimento per la mia indiscrezione, inevitabile quando gli incontri sono calati nella lenta durata di una sessione pittorica.

Ma questo tipo di rapporto con l’altro è anche il dono più prezioso che il viaggio può recare.


Inserisci un nuovo commento
Commento
Codice di sicurezza
Codice di sicurezza
Ricopia il codice che vedi nell'immagine, serve per verificare che i commenti non siano scritti in automatico, ma da persone vere.
Nome utente (nick)