La crisi del mondo associativo della solidarietà internazionale
Inserito
da Giorgio Gatta martedì 01 settembre 2020
Nel 2° trimestre del 2020 il Pil è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente, secondo l'Istat, che precisa inoltre che la variazione acquisita per il 2020 sarà pari a -14,7%.
Il Pil italiano ritorna ai livelli del 1995 e siamo in una profonda e conclamata crisi.
La crisi per il mondo associativo sarà devastante. In particolare per quello della solidarietà internazionale.
Sarà un anno in grado di far chiudere molte associazioni, a renderne inoperative tante, decapitare obiettivi fissati, paralizzare le attività, lasciare a casa personale in loco, mettere in forte pregiudizio il normale funzionamento di interventi ordinari che richiedono sensibili costi di gestione, come centri di accoglienza, ospedali, scuole, centri nutrizionali ecc.
In sostanza il recapito finale - per quanto ci riguarda - delle sventure di quest'anno, saranno ancora una volta gli ultimi.
Occorrono quindi strategie, forti responsabilità, programmazioni, inventiva, alta consapevolezza della drammaticità del momento.
Da una parte, invece, avverto la solita tiepidezza e pesantezza dei passi dei vertici del Terzo Settore, sia tra i decisori della politica, sia tra i decisori degli organismi di rappresentanza.
Non è il momento di aspettare, rinviare, tergiversare, cavillare e duellare in punta di fioretto.
Dum Romae loquentur, Saguntum expugnatur.
A partire dal RUNTS e dal completamento di tutti i decreti ancora mancanti alla riforma del Terzo Settore (già con anni di ritardo).
Ed è il momento di arrivare a delle riflessioni, paritetiche, rispettose delle differenze, eque, lungimiranti, proiettate al di là degli interessi particolari, contingenti, locali.
In questi anni c'è stata una forte polarizzazione dell'attenzione sul tema delle migrazioni. Normale che sia. Che ha fortemente influenzato anche le scelte politiche ed elettorali. Normale che sia. Che ha spianato la strada e spalancato le porte persino nei governi regionali e locali alla Lega e alla destra. Meno normale che sia, ma ahimè succederà (e non sarà la prima volta), già il prossimo 20 settembre.
Da una parte è necessaria l'unità; ma le bevute vanno fatte pari, per stare uniti.
In questo momento l'emigrazione è soprattutto dai Paesi del Nord-Africa, per vicinanza geografica, con barchini che portano persone dai Paesi affacciati sulla sponda sud del Mediterraneo.
Bene, facciamo fronte comune, uniti nel sostenere diritti umani, accoglienza e integrazione. Nessun problema. Prima cosa l'unità.
Però delle riflessioni le dobbiamo fare.
In questo modo si creano delle profonde iniquità e asimmetrie - ovvero proprio quelle situazioni che sono il maggior bersaglio della lotta e dei nostri sforzi di cooperanti -, tra chi abita vicino a Lampedusa e chi ci abita così lontano - si pensi solo all'Africa Australe - che mai arriverà neanche alle sponde del Mediterraneo.
E, neanche a farlo apposta, sono i Paesi più poveri al mondo.
Siamo e stiamo uniti su certe battaglie, ma certe cose andranno riviste. In questo momento stanno affogando - anche se non nell'acqua, ma nella polvere - anche i bisogni primari (cibo, acqua, cure, ecc) di milioni di persone che non hanno scelto la strada della migrazione e non è accettabile fare spallucce e concentrarci solo su quelli che sono in viaggio o sono arrivati a Lampedusa.
Marco Sassi
Presidente dell'Associazione Volontari Italiani per il Madagascar
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